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Pochi scrittori hanno saputo aprire nuove riflessioni sulla contemporaneità partendo da premesse vertiginosamente fantastiche come quelle che ritroviamo nella narrativa di Octavia Butler. Perennemente sospese tra utopia e distopia, le sue storie ci obbligano a salti del pensiero in apparenza paradossali, ma ci riportano ogni volta alle radici concrete e umanissime del nostro stare nel mondo. Cosa accadrebbe in una società in cui la parola fosse scomparsa per sempre, e con essa la capacità di mediare i conflitti tramite il dialogo, lasciandoci come unica risorsa disponibile l'uso della violenza? Si può immaginare un mondo in cui siano gli uomini e non le donne a dover sopportare il fardello della gravidanza? Cosa chiederemmo a Dio, se avessimo la possibilità di incontrarlo (o di incontrarla) e di esprimere uno e un solo desiderio per salvare il genere umano dall'autodistruzione?